L’Ottocento: l'ascesa della borghesia_
Nell’Ottocento, Gorizia, anche se piccola e periferica rispetto allo sterminato e composito impero Austro-Ungarico di cui fa parte, è un vivace crocevia delle tensioni locali. Troviamo una popolazione che si esprime in cinque diverse lingue a seconda della comunità di appartenenza: tedesco, italiano, sloveno, friulano ed ebraico. Ognuno era libero di frequentare la scuola nel proprio idioma e come lingua straniera s’insegnava
il tedesco. Si conservarono così nel tempo culture tradizionali e usanze appartenenti a ogni etnia senza prevaricare la storia di nessuno. Anche i pubblici annunci erano scritti in almeno tre lingue.
Carl Von Czoernig-Czernhausen, insigne statistico e storico austriaco, divulga l’immagine, divenuta celebre, di Gorizia “Città Giardino”, “Nizza d’Austria”, sino ai primi del ‘900.
Poteva contare su trentaquattro strutture alberghiere, divenendo così il luogo privilegiato per le vacanze della nobiltà asburgica.
La città in questo periodo conosce un’estensione verso ovest e si delinea quell’impronta architettonica aristocratica gradevole che ancora oggi la caratterizza.
In questo periodo l’abitato raggiunge le rive dell’Isonzo, le cui straordinarie acque azzurre e le selvagge rive boscose rappresentano una delle bellezze della città.
È un periodo di relativo benessere: i volti soddisfatti di una borghesia in ascesa ci sono tramandati dagli splendidi ritratti del pittore goriziano Giuseppe Tominz, molte delle cui opere sono custodite nei Musei Provinciali.
I fermenti ideali e le aspirazioni nazionali e nazionalistiche trovano un humus fecondo nella composita realtà della città. Di questa complessità culturale e linguistica si fa interprete Graziadio Isaia Ascoli, assurto a fama internazionale per i suoi studi delle lingue indoeuropee.
Il filosofo Carlo Michaelstaedter (1887-1910) anch’egli come Ascoli di origine ebraica, incarna una delle espressioni più affascinanti e rappresentative della cultura europea. La summa del suo pensiero è contenuta ne “La Persuasione e la Rettorica”, una lucida analisi della condizione umana che Carlo portò a estreme conseguenze, suicidandosi a ventitré anni. A quest’insigne rappresentante della cultura del luogo è dedicata una statua in bronzo all’inizio della prima strada di Gorizia, via Rastello.
Gorizia poteva inoltre contare su ben due stazioni ferroviarie; la meridionale, che permetteva persino di recarsi a Milano partendo da Gorizia e la “nord”, ancora in costruzione e inaugurata poi nel 1906, che permetteva di raggiungere la capitale austriaca Vienna senza mai cambiare convoglio.
Verso la fine del diciannovesimo secolo e fino al 1914, Gorizia raggiunse l’apice del suo splendore.
La città, che contava ormai 30.000 abitanti, divenne anche meta turistica per nobili funzionari e benestanti.
Il suo clima risultava particolarmente mite soprattutto agli stranieri del nord, per via della distanza di soli diciotto chilometri dal mare a sud e alla protezione dell’altopiano della Selva di Tarnova distante venti chilometri a nord, con vette di altezza sino 1400 metri.
Le famiglie nobili qui trasferite fecero costruire le loro signorili abitazioni e i loro palazzi, nei punti più suggestivi della città, che possiamo ritrovare ancora oggi. Tra queste famiglie, la più famosa è quella dei Borboni, che scelse Gorizia per il proprio esilio, con il re Carlo X, ultimo re di Francia.
Egli dimorò in città sino alla morte ed è sepolto su un piccolo colle in territorio sloveno, nell’ameno convento francescano della Castagnavizza, a breve distanza dal centro cittadino.
Uno dei più bei palazzi di Gorizia è sicuramente la Schönhaus o Palazzo Lantieri. Faceva parte della cinta muraria medievale della città e custodiva la porta sud-est. Nelle sue stanze furono ospiti in vari periodi Maria Teresa imperatrice d’Austria, Napoleone Bonaparte, Giacomo Casanova, Carlo Goldoni e molti altri in incognito, come l’imperatrice Elisabetta, moglie di Francesco Giuseppe imperatore d’Austria e Ungheria, universalmente conosciuta come “Sissi”.
Molti esponenti della nobiltà rimasero così innamorati della città che, ancora in vita, fecero importanti lasciti: il palazzo dove oggi ha sede l’Università degli Studi di Udine fu ad esempio donato dal conte Alvarez, che lo fece inizialmente edificare come ospedale femminile, mentre il palazzo sede dell’attuale biblioteca civica fu un dono del conte Werdenberg. Ma anche il terreno ove sorge la chiesa valdese metodista fu regalato da un nobile locale, il barone Ritter, come anche la fontana del giardino pubblico, dono del conte
Samuel Gyulai.
Alla fine del ‘900, alla sua morte, il conte Coronini Cronberg fece dono di tutte le sue proprietà al comune di Gorizia. Secondo le sue volontà testamentarie, in tempi recenti è stata istituita una fondazione che oggi permette di visitare la sua villa, immersa nel più grande parco di Gorizia, nel cuore del centro cittadino.
Inestimabili le opere artistiche della sua vasta collezione: egli era difatti conosciuto come il più grande esperto di arte antica in Europa. Suo nonno fu istitutore di Francesco Giuseppe, sovrano dell’Impero Austroungarico.