Duomo di Gorizia_

Correva l’anno 1455 quando a Gorizia fu istituita la parrocchia dedicata ai Santi martiri Ilario e Taziano. Essi furono martirizzati ad Aquileia nel 284 d.C. al tempo dell’imperatore Numeriano, cui succedette L’imperatore illirico Diocleziano. Le loro reliquie furono trasportate poi dal patriarca Paolino I a Grado, alla calata del re longobardo Alboino.
Come sedime fu scelta un’area non distante dalle pendici del colle del castello, di proprietà ecclesiastica. In particolare, al tempo, furono edificati diversi edifici di culto e, tra questi, il più importante fu quello dedicato al martire aquileiese Ilario. A fianco di quest’edificio, dopo la seconda metà del XV secolo, fu edificata la cappella dedicata a Sant’Acazio, che ancor oggi rappresenta l’elemento meglio conservato del complesso sacro.
Si tratta di un ambiente tardogotico con volta a stella a quattro punte, ove spiccano i simboli degli evangelisti.
Il duomo di Gorizia si può dunque ritenere originato dall’aggregazione di alcune cappelle costruite in diverse epoche.
Dopo il 1682 la chiesa subì alcune rivisitazioni stilistiche, che sposarono la predominante sensibilità barocca del tempo. Prova ne sia che il pittore lombardo Giulio Quaglio il Giovane, particolarmente attivo a Parma e Venezia e fortemente influenzato dalla tradizione emiliana e veneziana, dedicò alla chiesa una serie di affreschi perduti poi con la grande guerra.
Con la bolla Iniuncta Nobis del 17 luglio 1751, il patriarcato Aquileiese fu abolito definitivamente da Benedetto XIV. Nacquero in Friuli due nuove diocesi: quella di Udine, riguardante la porzione veneta dei destituiti territori patriarcali e quella di Gorizia, per la parte austriaca. Parte del tesoro aquileiese passò a quello di Gorizia, che ne fu arricchito in maniera cospicua e si accrebbe il numero di altari, per effetto delle donazioni delle famiglie patrizie locali.
Da ricordare inoltre che nel 1497 fu apposto il cenotafio dell’ultimo conte di Gorizia Leonardo, morto a Linz e ivi gaudente della dimensione immortale.
La guerra, come si diceva, danneggiò pesantemente l’edificio, che subì la perdita integrale degli stucchi settecenteschi e dell’opera del già menzionato Quaglio.  Il tutto fu in seguito ricostruito negli anni 20 del XX secolo, sui suggerimenti del noto architetto e urbanista Max Fabiani, cui si devono numerose opere architettoniche del ‘900, sparse tra Italia, Austria e Slovenia. Egli si limitò a fornire dei suggerimenti all’ingegner Emilio Karman, al quale è imputabile la forma definitiva attuale. Il campanile si era salvato dai bombardamenti: durante il restauro fu comunque rimaneggiato, assumendo l’aspetto contemporaneo, sormontato da un’ardita croce in ferro battuto ad opera del Delzotto.
Su una facciata esterna spicca una meridiana, ideata dall’astronomo e matematico italiano Gian Giuseppe Barzellini, già membro dell’Arcadia romano-sonziaca, mentre una vicina lapide è posta a ricordo del restauro definitivo del bene.
Ma la cattedrale di Gorizia ospita anche un importantissimo tesoro della cristianità: quello di Aquileia.
ll tesoro della Chiesa aquileiese, risalente al VI secolo, era considerato una collezione di oggetti di culto e aveva un santuario apposito nella Basilica Patriarcale e un mausoleo nella basilica di Sant’Eufemia durante il periodo gradese.
È importante sottolineare che dal IX secolo il tesoro aquileiese includeva anche una parte del tesoro del Duomo di Cividale, poiché i patriarchi alternavano la propria sede tra Aquileia e Cividale.
Dal momento dell’abolizione definitiva del patriarcato di Aquileia e la costituzione delle due nuove diocesi, la questione del tesoro divenne urgente e il contenzioso tra queste si concentrò sulle reliquie accumulate nella basilica di Aquileia: quella udinese sollevò numerose resistenze sulla suddivisione della preziosa ed avita testimonianza di fede. La suddivisione avvenne comunque, e ben milleduecento elementi del tesoro furono destinati a Gorizia. Questo si arricchì inoltre ulteriormente grazie alle donazioni fatte da Maria Teresa e da Carlo X.
Tuttavia, il corpus subì una serie di furti e la stessa traslazione delle reliquie da Aquileia a Gorizia, operata per volontà di Carlo Michele d’Attems fu interpretata, oltre al naturale tripudio della popolazione locale, come l’atto finale della millenaria esistenza del grande patriarcato aquileiese.
Durante i recenti lavori di riqualificazione urbana dell’antistante piazza, sono emersi un antico sepolcreto e la base di un edificio a pianta ottagonale, già tracciata in una mappa del 1583, la cui funzione è probabilmente da riferire alla presenza di un antico fonte battesimale.


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