la Grande Guerra_

1914: Gorizia va alla guerra inviando cinquemila cittadini in Galizia, attuale Ucraina.
Il 28 giugno nell’attentato di Sarajevo rimase ucciso l’erede al trono asburgico Francesco Ferdinando d’Este. In quella calda giornata di fine giugno, il mondo incantato della belle époque stava per svanire improvvisamente e, a conclusione di un’incalzante quanto drammatica successione di eventi, ai primi di agosto dello stesso anno l’Europa si ritrovò precipitata nella cruda realtà del conflitto bellico, a seguito della dichiarazione di guerra che l’Austria-Ungheria inviò al Regno di Serbia.
Com’è tristemente noto, il conflitto non rimase circoscritto ai due Stati ma, in forza delle alleanze diplomatiche nell’agosto del 1914, si estese rapidamente in successione alla Germania, alla Russia, alla Francia, al Belgio, all’Inghilterra, al Montenegro, al Giappone e a seguire anche ad altre nazioni non solo europee.
Era iniziata la prima guerra mondiale.
L’Italia, che nel 1914 faceva parte della triplice alleanza assieme a Germania e Austria, a seguito di questo trattato sarebbe dovuta scendere in campo al fianco degli alleati contro Russia, Serbia, Francia, Inghilterra, Belgio. Decise invece, per avere un tornaconto territoriale a ridosso dei suoi confini, di far parte della triplice intesa. Si trattava di un nuovo trattato tra Francia, Inghilterra e Italia. L’Austria si trovò così un nuovo fronte di trecento chilometri oltre a quelli di Francia, Russia e Serbia. Gli obiettivi italiani furono le province di Trento, Bolzano (Trentino Alto Adige o Sud Tirolo) a ovest e Trieste e Gorizia, a est.
Bisogna altresì ricordare che Trieste era la terza città dell’Impero per grandezza ed era il 7° porto al mondo per importanza. Era difatti il porto dove sbarcavano tutte le merci per l’Europa centrale provenienti dal canale di Suez, aperto a fine ‘800. Per arrivare a Trieste si doveva per forza passare per Gorizia, che così fu la città che maggiormente pagò i disastri causati dalla guerra sul fronte italiano. Le forze in campo furono nel rapporto di 2/3- 1/3, per Italia e Austria.
I goriziani appresero la notizia della dichiarazione di guerra il 28 luglio tramite il proclama dell’imperatore intitolato “Ai miei popoli” che, nel testo in italiano, iniziava così:
Mi sono trovato indotto ad incaricare il ministro della Mia casa e degli Esteri, di notificare al Reale governo Serbo il principio dello stato di Guerra tra la Monarchia e la Serbia. In quest’ora fortunosa sento il dovere di rivolgerMi ai Miei cari popoli…. e concludeva:
Confido nei Miei popoli, i quali in tutte le procelle si sono schierati sempre uniti e fedeli intorno al Mio trono, e furono pronti ai più gravi sacrifici per l’onore, la grandezza e la potenza della patria. Confido nella valorosa armata austro- ungarica, piena di entusiasmo e di devota abnegazione. E confido nell’Onnipotente che concederà alle Mie armi la vittoria. Francesco Giuseppe m.p.
Le notizie furono apprese dalla popolazione, come riportarono i quotidiani locali, con manifestazioni patriottiche, cortei e sfilate di bande militari lungo le vie cittadine.
Gli uomini abili alle armi – circa 8000 nell’arco dell’intero conflitto – lasciarono Gorizia nei primi giorni di agosto: molti non vi fecero più ritorno. Quasi tutti vissero il dramma degli sconfitti e si trovarono a fine guerra cittadini di un’altra nazione.
Dalle cronache del tempo apprendiamo che cento furono le persone che la polizia austriaca costrinse al confino per timore di collaborazionismo con gli italiani. Anche gli abitanti furono evacuati dalla città e trasferiti nei campi profughi in Austria: circa duemila furono difatti i cannoni italiani che aprirono il fuoco sulla città per un anno.
In tre anni vi furono le battaglie chiamate “dell’Isonzo”, il fiume che lambisce la città.
Nonostante la preponderanza delle forze italiane, con lo spirito di chi difende le proprie cose, la città fu tenuta con perdite inimmaginabili da ambo le parti per un anno.
L’8 agosto 1916 Gorizia fu occupata dagli italiani e la guerra si spostò sui monti circostanti e nell’alta valle dell’Isonzo.
In realtà, il fronte della guerra si spostò solo di qualche chilometro verso nord, per un totale di undici battaglie che causarono sul territorio in un anno centomila morti fra i due eserciti.
Questa situazione si protrasse fino al 24 ottobre 1917, quando le truppe tedesche e austriache iniziarono quella che passerà alla storia come la disfatta di Caporetto, un piccolo paese dell’alta valle dell’Isonzo. In questo luogo iniziò il contrattacco Austro-Tedesco che in tre giorni portò alla riconquista di tutto quel territorio occupato dall’esercito Italiano in tre anni e Gorizia fu nuovamente in mano all’Austria.
L’Imperatore Carlo, subentrato a Francesco Giuseppe I, verrà in visita a Gorizia il successivo 27 ottobre. Sarà l’ultimo regnante austriaco a farne visita.
In pochi giorni l’esercito italiano arretrò abbandonando quasi tutto il suo armamento fino alla linea del fiume Piave, cioè 100 km all’interno del territorio italiano.
Il governo italiano incolpò della disfatta il Generale Cadorna, capo supremo dell’esercito, e lo sostituì col generale Diaz. In realtà si può interpretare questo fatto anche sotto un’altra prospettiva, ossia che l’esercito austro-ungarico si fermò esattamente sul fiume Piave dove incontrò una linea di difesa efficiente che, con lungimiranza, Cadorna fece allestire sin dall’inizio.
Intanto nel corso generale della guerra vi fu la novità dell’entrata degli Stati Uniti a fianco di Francia e Gran Bretagna. Ormai trascorso quasi un anno sul nuovo fronte, stava per succedere quello che si è già visto molte volte nella storia. Austria e Germania, impegnate sui fronti di tutta Europa, non riuscirono più a garantire il rifornimento sul fronte italiano del Piave, cosa che invece gli americani fecero con tutti i loro alleati ormai presenti lungo lo stesso fronte.
Sul fronte francese, già il 28 ottobre 1918 su iniziativa austriaca, cessarono i combattimenti. Il 29 ottobre 1918 iniziarono le trattative con l’Italia per un armistizio, firmato il 3 novembre ed entrato in vigore il giorno seguente.
Nel frattempo, l’esercito austro-ungarico aveva già iniziato il ritiro fino al territorio austriaco senza combattere. La cosa singolare era che militarmente erano ancora occupanti dei territori francesi e italiani, ma non in condizioni logistiche di continuare.
I vecchi goriziani che combatterono sul fronte del Piave raccontano spesso che sarebbe stato sufficiente “ancora un sacco di patate per vincere la guerra”. Cosa che non sapremo mai. Certo è, invece, che le dodici battaglie dell’Isonzo solo nella zona di Gorizia totalizzarono il terribile numero di duecentomila morti.
Trieste e Bolzano non furono mai occupate militarmente dall’esercito italiano fino al ritiro delle truppe austro-ungariche a seguito del nuovo confine stabilito dal trattato di pace. Oggi, dopo oltre un secolo da questi tristi eventi, siamo nuovamente senza confini con Austria, Slovenia e Italia, il che dimostra l’inutilità di una guerra che cagionò in Europa perdite per oltre sei milioni di giovani vite, cagionate dalle ferali decisioni di quanti probabilmente si son poi tenuti ben lontani da questo massacro.


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