Julius Kugy_
Nell’effervescente mondo commerciale e mercantile triestino di metà ‘800, numerose erano le opportunità lavorative offerte per gli abitanti dell’Impero Austroungarico, rendendo la città un punto di forte attrazione.
Così fu per Pavel Kugy, che dal villaggio carinziano di Lind si trasferì a Trieste e fondò una ditta d’importazione denominata ‘Commercio d’importazione ed esportazione di coloniali e frutta secche del levante’. Qui conobbe Giulia Vessel, triestina di lingua slovena facente parte di quell’articolato mosaico cosmopolita del tessuto sociale cittadino.
Dalla loro unione, a Gorizia nacque Julius, il 19 luglio 1858: la famiglia vi si era temporaneamente trasferita a causa di un’epidemia di colera scoppiata a Trieste.
Egli si appassionò fin da subito alla montagna, che rappresenterà il tema conduttore di tutta la sua esistenza.
Dopo gli studi universitari in giurisprudenza, continuò l’impresa commerciale del padre e si dedicò anima e corpo all’alpinismo, diventando il padre dell’alpinismo delle alpi Giulie, scalando per la prima volta numerose vette e aprendo altrettanto numerose vie assieme a eroiche guide locali. Tra queste, da ricordare Anton Oitzinger, carinziano di Valbruna, che accompagnò Julius nelle sue esplorazioni più ardite.
Al tempo, l’esplorazione della montagna era appannaggio per necessità dei locali cacciatori e, a scopo esplorativo e ricreativo, di pochissimi agiati romantici, alla ricerca di quella frontiera che nella vecchia Europa aveva unicamente estensione verticale.
Durante le sue escursioni si appassionò di botanica, spinto anche dalla conoscenza dell’ex podestà tergestino De Tomasini, esperto botanico e fine conoscitore del carso triestino. Spinto da questa passione, cercò a lungo e invano nelle valli montane appoggiate al maestoso Tricorno (Triglav) la Scabiosa Trenta, una pianta la cui esistenza era solo supposta ed erroneamente indicata da un altro studioso. Ciò comunque gli permise di approfondire la conoscenza degli aspri e disabitati territori montani, diventando così un vero e proprio pioniere nella loro scoperta e riscoperta.
Le vette montane associate alla sua indole di romantico esploratore -uno tra gli ultimi- sono il Tricorno-Triglav lo Jôf di Montasio, lo Jôf Fuart e la Škrlatica. Egli non solo esplorò gli ambienti naturali di questi territori, ma ne frequentò le genti, parlando le lingue locali: italiano, tedesco e sloveno. La sua figura poliedrica abbracciava dunque l’appartenenza mitteleuropea del tempo, garantita dall’egida dell’Austria-Ungheria.
Allo scoppio della prima guerra mondiale, ormai cinquatasettenne, si arruolò volontario nell’esercito austro-ungarico, rivestendo il ruolo di referente d’ambito alpino, istruendo le truppe sull’approccio all’ambiente montano sul fronte dell’Isonzo.
La sua vita seguirà poi le sorti del territorio, decretate dall’esito della guerra. A Trieste si dedicherà alla scrittura, lasciandoci molte felici pagine sulla sua vita e sull’approccio a un mondo montano antico fatto di cacciatori e lontanissimo da quello contemporaneo, con la montagna diventata via via più accessibile a tutti.
Il periodo finale della sua esistenza non fu felice: accusato durante il fascismo di collaborazionismo con l’Austria, per via del suo arruolamento volontario, fu persino incarcerato in tarda età. A seguito di ciò si ammalò e spirò a Trieste, nel 1944.